Notturno

Sono pronta.

Il mio signore mi aspetta.

Indosso una veste di garza, bianca, impalpabile. Per proteggermi dal freddo un pesante mantello di velluto verde, sul mantello ricamate in seta le salamandre del mio signore.

La mia serva mi accompagna, regge il lume, nel palazzo è tutto buio, è notte.

Esco dalle mie stanze, attraverso la loggia delle Muse, una nebbia sottile riempie l’aria in questa notte autunnale, è freddo, stringo stretta il mantello. Il sorriso emblematico di Mantova appoggiata alla vasca sembra chiedermi cosa ci faccio io a palazzo, lo so, non dovrei essere qui, ma Federico ama me, non la moglie.

La serva apre la porta, attraverso il salone, scortata dai cavalli dei signori di Mantova, Venere mi guarda dalla parete, la sua mano sembra indicare la destinazione cui sono attesa, il suo corpo morbidamente flesso a presagire il prosieguo della notte.

Attraverso la sala di Psiche, le figure gioiose ed energiche del banchetto sembrano staccarsi dai muri e invitarmi a partecipare alla festa. Ancora Venere al centro della sala, la più lussuriosa Venere mai scolpita, tanto affascinante da indurre i puri a volgere lo sguardo, specolo di quella Venere che portò Paride a scatenare la più grande guerra dell’antichità. Guardo il dipinto in cui il pittore raffigurò me Federico e lui come i personaggi della storia di Olimpiade, non riesco a capire se ci fosse gelosia nel suo ritrarsi a spiare il nostro abbraccio.

Le camere di Federico sono vuote, il mio signore è già là, le attraverso veloce, ansiosa.

Devo attraversare la loggia di Davide, è più freddo, spira un vento teso, pulirà la nebbia, domani sarà una di quelle giornate autunnali solari, in cui il cielo è bellissimo, l’aria sottile, gli ultimi uccelli partiranno per i luoghi caldi. Anche Federico partirà domani, lo aspettano in Monferrato con la moglie, affari di stato, rimarrà là per un giro completa di luna, è per quello che mi aspetta stasera.

Anche in questa loggia il pittore sembra voglia farsi beffa di me, la storia del re Davide sembra la storia del mio principe, non so se Giulio voglia condannarmi per il mio donarmi a Federico, o brami anche lui il mio amore, amore che non potrà mai avere.

Sto per entrare nella sala dei Giganti, è qui che mi aspetta il principe.

La sala è il suo compimento, il suo gioco, il suo scrigno. L’ha studiata lui con Giulio, ha fissato per giorni il modello, ha lasciato fare tutto al pittore, gli ha lasciato creare questa grotta delle meraviglie che lascia gli occhi dei visitatori smarriti, persi, disorientati. E impauriti. Qualcuno è fuggito, sconvolto, i bambini hanno paura dei volti contorti dei giganti schiantati dagli dei.

Federico mi ha spiegato che la sala ti deve prendere come in vortice, portare nella scena. Il pittore non ha lasciato niente al caso, ha studiato il tutto per toccare tutti i sensi di chi entra.

Sulla porta la serva se ne va, Federico mi fa segno di entrare, mi attende al centro della sala. Il camino è acceso, la legna crepita, gli scoppi imprevedibili dei ceppi infuocati si armonizzano con lo sbattere della finestra che gioca sui cardini colpiti dal vento. I suoni sembrano lamenti e grida dei titani sconvolti e schiacciati. I piedi camminano con difficoltà sui ciottoli che disegnano una spirale che ti porta giù, nell’Ade in cui vengono scaraventati i mostri. Il muoversi ondeggiando sul suolo sconnesso sembra ricordare lo sconvolgimento della terra violentata del disastro del monte creato da giganti e titani per arrivare all’Olimpo. Fa freddo, il mio signore mi ha tolto il mantello e mi abbraccia, sento il suo calore penetrare il mio corpo, la sensazione di sicurezza che viene dal mio adagiarsi a lui, quasi a proteggermi dalle pietre che rotolano. Le vampe nel camino distorcono ancora di più i volti, se questo fosse possibile, gli occhi sembrano seguirti, le mascelle ghignare, gli arti tendersi, gli immensi muscoli guizzare in ultimo tentativo di difesa, in un ultimo anelito di vita. Il fuoco brucia e dà vita alle pareti. C’è umido, la nebbia filtra dalle finestre, un odore inconfondibile, l’odore di queste terre d’acqua, odore di muschio, odore di verzura, odore di morte che prepara la vita. Ma c’è anche il mio profumo, che si fonde con il profumo di Federico, le essenze di malva e lavanda, il profumo della sua pelle.

Federico mi offre una coppa di vino pregiato, mi fa alzare lo sguardo, mi mostra Venere nell’Olimpo, mi dice che io, Isabella, posso stare al suo fianco, mi dice che le farei ombra, mi dice che sarebbe invidiosa del mio viso e del mio corpo. Venere mi odierebbe.

Federico mi bacia. Resta solo la notte.


Sala dei Giganti in Palazzo Te a Mantova

One comment on “Notturno

  1. E' bellissimo! Non oso aggiungere altro e mi faccio da parte…c'è un tempo per ogni cosa ma di fronte al bello si resta fermi ad ammirare…

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