Prologo

58.
L’applicazione più utile e utilizzata dei sistemi operativi Microsoft è da sempre il piccolo orologino nell’angolo basso destro dello schermo.
Marca il passare della giornata, scandisce le pause caffè, misura il poco tempo rimasto sulle scadenze importanti, accompagna il lento rotolare dei minuti quando non sembra che in ufficio ci sia niente da fare.
Adesso è una di queste situazioni.
Venerdì sera, tutte le grane della settimana sono o sistemate o non sistemabili, per cui rimandate a lunedì, si potrebbe cercare un lavoro facile e svelto a finirsi, ma ne vale la pena? Non è meglio finire la giornata, pensare a casa, una volta ogni tanto raggiungerla ad un orario decente e godersela? Si, oggi faccio così.
59.
Comincio a chiudere le applicazioni, la posta elettronica, oggi non voglio più comunicare con il mondo leggendo sullo schermo, non voglio più scartare le offerte di Viagra, non voglio più incazzarmi per le catene di Sant’Antonio vetero-newage, non sopporterei di dover affrontare l’ennesimo bollettino aziendale.
Maledizione al blocco dei social network, qualcuno dovrebbe spiegare alla direzione che è più facile costruire una relazione d’affari su Facebook che con decine di sterili riunioni aziendali.
Chiudo i fogli elettronici pieni di riepiloghi e previsioni, bilanci futuri e spread, future, indici di borsa, PIL, ROS, ROI, cifre flessibili ed evanescenti come gli elettroni e i fotoni che li generano.
Basta, chiudo tutto senza guardare quello che chiudo, oggi non ne posso più.
Spengo monitor e stampante, per due giorni non voglio che vadano ad incidere sul riscaldamento globale, sulla CO2, voglio fare la mia buona azione da samaritano della salvaguardia del clima.
00.
Ecco, sforerò di qualche minuto, sono un impiegato modello, troppo ligio al lavoro. Mi alzo, raccolgo il giornale, controllo il cellulare, prendo l’ombrello, la borsa ed esco dall’ufficio.
Mi dirigo verso l’ascensore, tanto ho spento tutto e posso sprecare un po’ di energia per scendere. Sono 13 piani, di solito faccio le scale, ma oggi no, sono abulico, avaro a sprecare le mie calorie, premo il bottone , aspetto che si apra la porta, entro, premo lo 0, guardo chiudersi le porte e via, vado, ebbro del piacevole trasporto controllato della gravità.
La porta si apre, esco nell’atrio del palazzo, timbro.
03.
Tre minuti in più. Sono secoli che timbro solo tre minuti dopo, oggi non è certo una giornata normale, oggi è una giornata che nei film catastrofici precede la catastrofe: esco prima e la cometa di Armageddon mi cadrà sulla testa, o verrò divorato dagli Zombi di Io sono leggenda.
Ma cosa dico? Sono proprio fuori. Basta, andiamo.
E’ piovuto, e si vede.
La città già grigia è ancora più grigia. L’acqua ha dilavato lo smog fresco da tetti e cornicioni, spalmando un uniforme manto grigiastro su marciapiedi e strade, una fumosa poltiglia ricopre le auto parcheggiate ai bordi della strada.
La nebbia di smog è stesa come un velo che ricopre la città. Tutti i colori sono stati rapiti, confinati in universo parallelo, a disposizione di qualche dio inquieto che ne fa una coperta per ricoprire la propria noia.
Io volevo uscire per annullare la mia noia, un portale interdimensionale mi ha portato nel mondo della noia.
Solo un punto della strada presenta colore. Una pozzanghera contiene un liquido oleoso, forse olio perso da una macchina, o idrocarburi trasudati dall’asfalto.
Figure iridescenti nascono e muoiono sul pelo dell’acqua, laghi colorati mutano forma mossi da forze interne, arcobaleni in miniatura delineano confini di aree flessibili.
E’ come il mago che fa le bolle di sapone, crea irrisori paradisi multicolori, che nascono e muoiono nello spazio tra due battiti di ciglia.
Esce il sole, si squarciano le nubi, ritornano i colori.
In fondo alla strada, dietro l’angolo c’è la fermata del metrò, ancora poca strada da fare.
Prima però ho ancora un rito da compiere, mi fermo davanti all’edicola, mi perdo davanti ai titoli dei giornali, retaggio del periodo precedente Internet.
Adesso non ha più senso fermarsi a leggere gli strilli dei vari quotidiani, la rete li invia in diretta da tutti gli angoli del globo, ma una volta era il modo di poter avere, almeno attraverso i titoli, un quadro complessivo delle notizie giornaliere.
Ancora oggi ho la passione dei perdermi nel melange di scritte e immagini, plastiche lucide e opache pagine dei quotidiani, gadget e ninnoli, libri ed attrezzi di cucina, rimbalzare tra questa patinata diversità come la pallina d’acciaio tra i respingenti del flipper della mia adolescenza.
Esperienza psichedelica, mi è sempre stato difficile staccarmi, di solito lo faccio quando sento la mano andare al portafoglio, la peste dell’acquisto comincia a mostrare i primi sintomi, allora occorre smettere, riprendere possesso della mano ed andarsene.
16.
Raggiungo l’angolo, l’abbonamento del metrò in mano, supero l’angolo e vedo la coda.

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