Passaggio in India

Ci sono vari modi per arrivare a Mantova.
Abbastanza difficile con i mezzi pubblici, più facile in auto, a meno che …
A meno che si arrivi in auto a Mantova con l’automobile di Nicolò Ammaniti, con i resti di una cena di pesce dimenticati nel baule, destinati al primo cassonetto dell’umido e giunti sulle sponde dei laghi della città natale della guida di Dante negli Inferi, Virgilio.
Ma forse questo si accorda con la catarsi del percorso dantesco, con  pene più crudeli mentre si scende verso Lucifero, con odore più disgustoso mentre ci si avvicina alle terre gonzaghesche.

Con questo originale quanto sgradevole aneddoto inizia l’incontro al Festival con Nicolò Ammaniti.
E come spesso accade la domanda iniziale è “come mai hai iniziato a scrivere?”, ma è evidente che Marino Sinibaldi conosce bene Ammaniti perché i minuti successivi sono il divertente racconto di un viaggio in India alla ricerca di una carriera di suonatore di sitar, divenuta in breve il necessario e formativo trekking himalaiano, sfociato in una depurante bevuta di una giara di acqua locale “depurata” da una quantità biblica di disinfettante, con relativo rischio della vita, vita che poi ha visto l’inizio del cammino di scrittore.
Forse per questi presupposti i romanzi iniziali di Nicolò sono da inserirsi nel filone dei cosiddetti “scrittori cannibali”, racconti disordinati in cui c’è il tutto e il contrario di tutto, in salsa di sangue, crudeltà e violenza, evidentemente il cloro stava ancora scavando nel suo stomaco.
Ma un altro racconto descrive l’Ammaniti di “Io non ho paura” e di “Come Dio comanda”, o del prossimo libro in uscita, libri con bambini come protagonisti, spesso in situazioni delicate, spesso alle prese con paure, spesso con il buio, spesso in condizioni di mobilità limitata.
Ammaniti descrive i suoi pomeriggi d’estate, costretto a letto dai genitori per la calura estiva delle ore immediatamente successive al pranzo, ore lunghissime, in cui il sonno non riusciva a prendere il sopravvento  e allora toccava all’immaginazione volare, macchie di umido sulla parete come carta geografiche di paesi lontani, ombre sulle tende profili di esseri mostruosi, suoni, scricchiolii, riflessi sui vetri, e la fantasia rompeva le righe e correva a briglia sciolta.
E’ la situazione del bambino nel buco di “Io non ho paura”, sono i momenti ad ascoltare la notte di “Come Dio comanda”, in perfetto accordo con la legge di Lavoisier,  nulla si crea e nulla si distrugge, la mente tutto trasforma.
Spesso bambini e adolescenti sono i protagonisti in Ammaniti, e Nicolò spiega che sono interpreti ideali per la plasmabilità della loro personalità, per la duttilità a reagire alle situazioni in cui vengono inseriti, per il peso specifico che spesso può far cambiare il corso di una storia.

Speriamo che l’odore terribile che ha accompagnato Nicolò Ammaniti non lo tenga lontano dalla nostra città, le ore con lui sono passate scorrevoli come quelle in compagnia dei suoi libri.

Festival_2010_42

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