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C’è sempre una star al Festival (oddio, tutte sono star, lo scrivere non è classificabile come le stelle, da stelle di neutroni a gigante rossa), e la star che ho scelto quest’hanno ha scritto quello stupendo e perfetto fluire di parole idee e situazioni che è “Il giorno dello Sciacallo”.

Frederick Forsyth è presentato nell’arena di Piazza Castello dal grande Carlo Lucarelli, il quale candidamente confessa di aver rifiutato un invito a giocare al mare perché doveva sapere cosa avrebbe fatto lo sciacallo. Forsyth ha una certa colpa nella creazione di Lucarelli.

Ma come spesso succede sono i grandi che ti deludono. E questo non fa che rafforzare quella sensazione di inadeguatezza adolescenziale che rimane sempre in ognuno di noi.

L’incontro con Forsyth è il dialogo di cellulari senza campo, non c’è mai una risposta diretta alla domanda fatta, anzi la risposta è sempre quella, ricolorata e insaporita da nuovi aromi, ma un pollo allo spiedo è sempre un pollo allo spiedo. Si fa così quando non si vuole o non si può dire, o quando non si sa cosa dire.

Allora facciamo fantapolitica come nei migliori libri di Forsyth: il traduttore era pagato da una oscura associazione extra-nazionale e sicuramente trasversale che bloccava la comunicazione tra Lucarelli e Forsyth per non far svelare a questi i più nascosti segreti del traffico di cocaina, il tema del suo ultimo libro.

Le mani dei cartelli sul Festivaletteratura.

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