Storie. Un ritorno.

Ciao. E’ tanto che non ci sentiamo.
Caro lettore, anni fa, nel 2010 avevo pubblicato un racconto Notturno.
Un racconto ispirato alla mia città, Mantova, alla sua storia, alle sue radici gonzaghesche.
Ma anche altre ispirazioni, quelle però le conservo per me.
Negli anni ne ho scritto altri che adesso pubblico.
Con questo ci ho anche vinto un premio in piccolo concorso locale. Vedi tu.

IL SAPORE DELLE DONNE

Per non essere originali dovremmo iniziare con “C’era una volta…”, infatti è di tanti anni fa che dobbiamo parlare.
E di un uomo. O meglio un cuoco.
Era il cuoco di corte, a palazzo Te, di Federico II Gonzaga, il primo Duca di Mantova.
Un lavoro prezioso, intenso ed estenuante, tutto il giorno a organizzare il piacere del palato del Principe, nel suo palazzo del meritato ozio, a imbandire tavole regali per ospiti, a stupire con invenzioni di gusto.
E allora agnoli, bigoli, zucche da trasformare in tortelli, pesce da arrostire, anguille, lucci in salsa, e poi polenta per guarnire, cotechino e salame dalla fiorente campagna, e poi i dolci, le magnifiche elvezie, e i dolci della tradizione come i caldi dolci di inizio novembre.
Ore e ore a rimestare nei pentoloni, a ravvivare i fuochi dei camini, a girare spiedi. Amava il suo lavoro, era il figlio che non aveva mai avuto, era la sua vita.
Fino all’arrivo della Signora.
Il Duca viveva a Palazzo non con la moglie, no, quello era un matrimonio di stato, viveva con la sua amante, l’Isabella, la Boschetta, tanto bella da aver spinto Federico a far decorare al pittore di Roma, il Giulio de’ Pippi, la sala di Amore e Psiche con un’esplosione gioiosa di carne e fasto per cercare di fissare per sempre il suo fascino.
Era bella, bellissima. E anche lui, il cuoco che viveva per il lavoro, se ne era innamorato. Tanto innamorato che per la prima volta nella vita si era trovato a riflettere se la sua vita fosse stata spesa bene.
Non vi era comunque possibilità, anche solo il rivolgere la parola ad Isabella lo avrebbe reso inviso al Duca, candidato ai servigi del boia di corte, professionista quale egli era.
Voleva però fare qualcosa, fare quello che riusciva a fare con passione e merito, trasformare quella creatura e il suo fascino, la sua grazia, in cibo gustoso e prezioso.
Allora si mise a pensare, quali ingredienti potevano rendere le caratteristiche della sua dea?
Pensò al suo incarnato roseo e alle sue curve delicate e passionali, e pensò alle mele, rosse come le gote, rotonde e morbide, succose e croccanti.
Pensò alla dolcezza degli occhi di Isabella, tagliò le mele e le ricopri di zucchero, pensò al calore che serve a riscaldare l’animo dell’amata, prese le mele e cominciò a far bollire tutto a fuoco lento, lento come il tempo che serve a far innamorare una donna.
E poi pensò alla passione che si ripete, e riaccese il fuoco più e più volte, aggiungendo zucchero per addolcire il sentimento. Mentre eseguiva le operazione, vedeva che si formava un liquido denso e vischioso che non si voleva staccare dalla pareti come gli amanti dal talamo dopo una notte d’amore, un liquido dal colore ambrato del mosto dell’uva, e decise che il nome della sua creazione dovesse esser mostarda.
Prese un cucchiaio e assaggiò, dolce, delizioso e gustoso, morbido al punto giusto, ma con una certa solidità che non faceva pensare alla mollezza, ottimo, ma non andava bene.
Non era solo questo una donna. Una donna non è sempre dolcezza, alle volte è spigolosa, pungente, anche acida se toccata nell’animo. Aggiunse qualche goccia di limone, ma non bastava. Come rendere il lato forte del carattere?
Poi un’intuizione. Si vesti ed uscì in fretta, si diresse verso il centro della città, era diretto da uno speziale che aveva bottega in via Orefici, la senape, ecco cos’era il piccante che cercava.
Tornò in cucina, presa la polvere bianca della senape, la sciolse nel vino bianco caldo e la aggiunse alla sua creatura. Ed ecco l’essenza della donna.
E fu così che grazie al desiderio di un cuoco di poter gustare il sapore inaccessibile della sua amata che ci è rimasto quel mirabile connubio tra dolcezza e piccantezza che rende festose le tavole mantovane, che celebra i matrimoni con i bolliti ed il grana nei pranzi festosi, che trasforma la zucca nell’intimo prelibato del tortello mantovano.
Del povero cuoco neanche la memoria del nome. Ma quando assaggi la mostarda di Mantova, ricorda lettore una vecchia storia d’amore.

One comment on “Storie. Un ritorno.

  1. Giovanni Paganini

    5 Agosto 2016 at 17:54 Rispondi

    Bellissimo racconto. Scrittura elegante e originale narrazione .

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