La distanza tra l’essere e l’apparire.

Si scendono alcuni scalini, si entra in un portone, è tutto di pietra, vecchio e in parte consunto, un camino, un pozzo, due arconi montanti, resti di affreschi, meraviglioso. Poi ti avvicini agli archi, al pozzo, al camino, batti con le nocche e non ti risponde la pietra, ma un più friabile cartongesso. Che mistero nasconde la rocchetta di Sparafucile a Mantova, perché tutto questo essere è divenuto apparire in così poco tempo?

Nessun mistero, solo una storia.

Partiamo dal 1832. Victor Hugo scrive un dramma, Le Roi s’amuse, che descrive la dissolutezza della corte di Francia, che proprio per questo non piace alla critica e non piace al pubblico, ma soprattutto non piace alla censura, e da allora non sarà più rappresentato per cinquant’anni.

Perché la censura? Descrive le tendenze libertine di Francesco I, la sua passione smodata per le donne, senza nessuna distinzione, tra nobildonne e popolane. Francesco è aiutato in ciò dal suo buffone di corte, il quale però un giorno subisce la legge del contrappasso: Francesco s’invaghisce di sua figlia. Nonostante i tentativi del buffone, la figlia cede e si concede al re, credendo nell’amore, ma presto si dovrà disilludere.

Il buffone maledice il re e ordisce una vendetta, assoldando un sicario, ma la maledizione vira di rotta e cade sul buffone stesso, e viene uccisa la figlia. Il povero padre alla fine pazzo di dolore potrà solo piangere una figlia e maledire se stesso. Quindi è la maledizione la trama della storia.

Avviciniamoci a Mantova.

Giuseppe Verdi decide di adattare il testo di Hugo, ma comincia a riflettere sul problema censura. Di sicuro dovrà abbandonare la Francia, allora pensa di trasferire la scena in Italia, prima presso una corte attuale, ma poi pensa che sia meglio una dinastia estinta. Allora, lui parmense di Busseto, pensa alla vicina cugina Mantova, anche lei adagiata nella placida pianura del Po, ad una sessantina di chilometri da Parma, quindi a lui ben nota. Inoltre i Gonzaga non regnano più da secoli, Verdi sceglie quindi Vincenzo I Gonzaga, poi pensa di mettersi totalmente al sicuro, sceglie un generico Duca di Mantova, il buffone Triboulet diviene Rigoletto, il sicario Saltabadil diviene Sparafucile, la figlia prende il nome di Gilda. Abbiamo trovato Sparafucile.

L’opera, partitura di Verdi e libretto di Francesco Maria Piave, il Rigoletto, è un successo fin dalla prima rappresentazione, adesso quindi cerchiamo il legame “fisico” con Mantova.

I mantovani pensano bene di associare luoghi con tutt’altra destinazione della città ai luoghi descritti nel melodramma verdiano. Ecco allora che una casetta medievale in piazza Sordello di fronte al passaggio verso piazza Castello diviene la casa di Rigoletto e la rocca che regolava l’accesso al ponte di San Giorgio diviene l’osteria di Sparafucile, descritta vicino ad un bosco, con nei pressi un corso d’acqua da cui sarà recuperato il corpo della povera ragazza. La rocca è nella posizione ideale.

E siamo arrivati ad individuare l’apparenza di un luogo, l’apparenza di un nome, l’apparenza di una storia. E il camino, il pozzo e gli affreschi?

Storia recente: nel 2010 viene realizzata a Mantova una gigantesca produzione televisiva, Rigoletto a Mantova, produzione televisiva trasmessa in mondovisione in 148 paesi, con un cast stellare.

Marco Bellocchio dirige la regia televisiva, Zubin Mehta dirige l’orchestra sinfonica della RAI al teatro Bibbiena, Placido Domingo interpreta Rigoletto. La città offre le sue scene per i tre atti, Palazzo Te, Palazzo Ducale, i vicoli della città.

E il terzo atto, ambientato a Sparafucile, è girato quasi interamente nella rocchetta. Ecco quindi svelato l’ultimo apparire, il cartongesso è ciò che rimane della macchina scenografica, ciò che vediamo non è reale, ma è reale in quanto rimane nella memoria, e la memoria non svapora come la nebbia che sale dal lago di Mantova alla mattina.

In chiusura, una cosa è certa. Come ci ha insegnato Verdi purtroppo per molti uomini oggi le donne sono ancora mobili, qual piuma al vento. Per molti cittadini i cortigiani sono ancora vil razza dannata. Ma forse la cosa che più conta è essere il caro nome del cuore ci ama.

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