A Palazzo Reale a Milano, al piano Nobile, è allestita fino al 26 febbraio la mostra “Rubens e la nascita del barocco”. Premesso che secondo me il titolo corretto sarebbe stato Rubens ed il compimento del Barocco, ecco alcuni motivi per cui è una visita che merita di essere fatta:
1. Perché tocca gli aspetti formali e maestosi come quelli intimi e privati del maestro olandese;
2. Perché indaga il tributo all’arte classica, greca e latina, fonte di ispirazione più o meno esplicita (ma molto più che meno). E ci si può perdere nelle curve sinuose e bellissime della Venere al Bagno dei musei di Napoli, o fermarsi a riflettere sulla simbologia insita nella Diana di Efeso con le sue molte mammelle, per poi magari fare un salto a Palazzo d’Arco a Mantova per vederla nel ciclo del Falconetto nella bella sala dello Zodiaco;
3. Per restare senza fiato davanti alle grandi pale d’altare (forse rende meglio in inglese, “breathtaking”, tradotto letteralmente strapparti il fiato), una su tutte, la pala di Fermo;
4.Per stupirsi della precisione e del dettaglio del becco e degli artigli dell’aquila di Giove che rapisce all’Olimpo il povero Ganimede, quegli artigli che in altre tele entrano nella carne e la squarciano nelle titaniche lotte di Eracle con le fiere. Ti aspetti di veder vorticare l’aquila sulla tua testa, preparati a difenderti;
5. Perché in questa strana epoca dove per essere trendy bisogna essere curvy, è possibile vedere la più ricca sfilata di modelle “curvy” della storia, ragazze bellissime ed amate per le loro forme “reali”, con cellulite e rotolini apprezzati perché testimonianza di persona sana. Quindi Susanna e Betsabea entrano ed escono dal loro bagno, un po’ anche per solleticare la tua libido, come all’origine solleticarono quella dei committenti (scusate, questa è riservata al pubblico maschile);
6. Per i mantovani, per andare a trovare il duca Vincenzo II, ancora infante e strappato ai genitori nella splendida pala del Salone degli Arcieri, che da Vienna forse voleva venire a casa per festeggiare il 2016, ma si è fermato a Milano;
7. Perché un cavallo indomito e dinamico come quello cavalcato dal conte Doria, in una tela in cui non c’è niente di fermo, a partire dall’aria, con le nubi squarciate, passando per la vegetazione scossa dal vento, per arrivare ai viventi e dai loro nastri e decori, beh una tela così io non l’avevo mai vista prima.
Merita, ha delle grosse carenze, ma sono due ore da favola, o da sogno. E si rischia di imparare qualcosa, merce rara ai giorni nostri.