Due (di) Spade

“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto”

Sempre meglio di due di picche, che è si un amenità, una sciocchezza, un detto popolare (dare il due di picche, mandare a buco un appuntamento amoroso), ma per l’Orlando non poi così fuori luogo. Ma non parliamo di affettività o anaffettività.

Parliamo di spade, per due bellissimi esemplari in mostra e per Durlindana, l’originaria Durendal, la mitica e leggendaria spada di Orlando, e ancor prima di Roland, spada indistruttibile, con l’elsa contenente diverse reliquie che la rendevano unica. Talmente unica che Orlando la dovette nascondere sotto di sé a Roncisvalle per non farla catturare dai Mori vincitori, dopo non essere riuscito lui stesso a distruggerla.

Passiamo alle spade reali.

La prima è una spada musulmana, saracena, ed è uno strumento militare, non da parata, è un arma che ha ucciso, tagliato, spezzato, ferito, carne e affetti, ossa e famiglie. Ma non è la violenza le prima impressione che ci comunica è grazia, eleganza. La tradizione vuole che fosse la spada dell’ultimo emiro di Granada, ma quasi certamente non è vero.

Guardatene l’elsa, e in particolare le due volute che non hanno solo valore estetico, ma sono le protezione ai colpi diretti sulla mano. Esse escono dalle fauci di due genette, piccoli carnivori simili al gatto e alla volpe presenti in Andalusia. Una fattura squisita per un arma da guerra. Uno strumento quindi. Questo ci fa pensare come il mestiere delle armi fosse ritenuto nobile al di là del Mediterraneo come di qua, come il codice cavalleresco fosse colonna dorsale delle corti nobiliari che si affacciavano al Mare Nostrum.

L’altra spada è storia, pura e semplice storia, fatta tangibile, toccabile. E’ la spada del Re Francesco I di Francia, catturata dagli imperiali di Carlo V durante il saccheggio del campo francese dopo la battaglia di Pavia, che implicò una grande sconfitta dei francesi, la cattura del Re deportato in Spagna e costretto a essere riscattato, e la fine delle battaglie così come erano conosciute fino ad allora per il massiccio utilizzo delle prime armi da fuoco, gli archibugi.

Questa è quindi una spada contesa tra re, proprio come Durlindana tra i cavalieri, perché fu poi recuperata da Napoleone nei depositi reali spagnoli e riportata in Francia. La bellissima elsa ha foggia arcaica a croce, in acciaio, bronzo e oro, con l’elsa smaltata, porta sul braccio orizzontale un passo del Magnificat, “Dio ha spiegato la potenza del suo braccio”. Che differenza tra il testo evangelico e la dedicazione della spada: questa, la spada, strumento di morte, quasi veicolata da Dio, nel Magnificat annuncio di una incarnazione di dio nell’essere più debole della specie umana, un bambino, che l’unico sangue che verserà per esprimere la sua potenza sarà poi il proprio sulla croce.

Due oggetti eleganti, raffinati, che ci devono evocare il pensare delle corti, e di conseguenza motivare il successo dell’Orlando Furioso, vera incarnazione dello uno spirito ideale di una perduta cavalleria, che stava per sparire non solo in spirito, cancellata dal fumo che usciva dalle canne delle armi da fuoco come residuo dell’esplosione della polvere da sparo.

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