Il problema è: ci passo? 56 (Calle Varisco)

56.

Non è una versione aggiornata della risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto che Douglas Adams poneva nel fantastico ”Guida Galattica per gli Autostoppisti” e nei successivi romanzi della serie (quella era 42).

Neppure il numero atomico del Bario, o il numero dei recettori olfattivi, o l’album di Elvis “Elvis ’56”, o il numero di giri che bisogna percorrere per terminare i Gran Premi di F1 di Cina, Malesia e USA.

E neppure il numero di sfere che secondo Aristotele compongono l’universo (la Terra più 55 sfere cristalline in cui stanno gli oggetti celesti). E per chi ama i misteri, neppure in numero di Arcani Minori nei Tarocchi.

56 è una misura, una misura lineare.

Percorrendo le calli veneziani

La nostra protagonista, Calle Varisco

56 è la larghezza della calle più stretta di Venezia, Calle Varisco (Valore medio tra quelle che ho trovato, da 53 a 58, se teniamo conte delle dilatazioni termiche è un’ottima approssimazione).

Calle Varisco si trova nel sestiere di Cannaregio, a metà strada fra le Fondamenta Nuove e il Ponte di Rialto, e se non ti ci porta un Veneziano DOCG girando a caso non ci arrivi. E’ infatti fuori dai percorsi turistici, non porta a nulla, sbuca su un canale.

Imbocchi il passaggio, più largo all’inizio, poi si stringe, poi ancora e nella parte finale arrivi a questa dimensione.

Già stretta (Calle Varisco)

Più stratta (Calle Varisco)

Strettissima! (Calle Varisco)

Per darti un’idea di quanto siano pochi questi centimetri, ritorno alle scuole elementari, ma quelle che ho fatto io, dove c’erano solo sussidiario e libro di lettura. Sul sussidiario un disegno spiegava la iarda: la distanza tra la punta del naso e la punta del pollice con il braccio esteso di un sovrano inglese, per poco più di 91 cm. Ecco, calle Varisco è poco più di metà.

 

La percorri, ci passi sfiorando le mura che la delimitano, e io non ho spalle particolarmente ampie, normali, e arrivi alla fine con un piccolo portico che affaccia sul Rio dei Gesuiti, e qui ti viene subito in mente uno dei versi del grande poeta marinaro, ma di un’altra repubblica marinara, Genova, Il Faber, Fabrizio de Andrè:

“dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”

I diamanti sono più smeraldi, sono i riflessi in cui si spacca la luce sulla superficie in movimento dell’acqua del canale, riflessi rilanciati dal fondo che creano screziature poetiche, il letame, beh letame non se ne vede, ma chiedete ai ricettori olfattivi iniziali, uno per centimetro.

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