XV – Il Topo e l’Elefante – Jean de La Fontaine

La vanità, ch’è tutto un mal francese, fa ch’ogni sciocco e stupido borghese, un grand’uomo si creda in quel paese. Vani son gli Spagnoli e tuttavia, per quanto grande il lor difetto sia, è più che scipitezza una pazzia. L’esempio che vi conto vi dimostra la boria nostra, la qual su per giù non vale men di un’altra e non di più. Un Topolin piccino vide un grosso Elefante gigantesco, e rise di quel grande baldacchino pesante ed arabesco, con tre piani di sopra e una sultana seduta in mezzo di beltà sovrana, con cani e gatti e pappagalli suoi, e con tutta una casa che in viaggio andava ad un lontan pellegrinaggio. Rideva il Topolin perché la gente stesse a guardar quel coso stravagante, più che animale, macchina ambulante.
– Bel merito, – dicea, – d’esser sì grosso, come se il bello fosse in un colosso… O gente sciocca, ov’è la meraviglia che ai ragazzetti fa levar le ciglia? Così piccino come son, un grano non valgo men di questo pastricciano -. E stava per aggiungere di più il Topo vanerello. Quand’ecco sul più bello un gatto salta giù e fric… in un istante  mostrò che un Topo è men che un Elefante.

Il vantarsi di sé stessi rende vulnerabili le nostre debolezze.

Se vuoi vedere la versione di Chagall, Mantova ti aspetta Marc Chagall. come nella pittura così nella poesia

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