XXI – La Vedovella  ­- Jean de La Fontaine


Non si perde un marito senza pianto e senza grande schianto di sospiri. Ma dopo alcuni giri di sol, col tempo la tristezza vola e ancor la vedovella si consola. Dopo un anno la vedova di ieri non ha di triste che i vestiti neri, e se prima facea fuggir la gente col volto sconsolato, dopo attira più d’uno innamorato. Il morto giace e il vivo si dà pace, e per quanto si dica che vi sia dolor senza conforto, la credo una bugia. Aver di ciò potrai prova sincera in questa favoletta che par vera. A giovin sposa e bella rapito era il marito dalla morte. Accanto al letto la fedel consorte, sentendosi mancare ogni coraggio, gridava: – Aspetta che ti seguo anch’io… Con te voglio morir, tesoro mio… -. Ma il marito fe’ solo il gran vïaggio. Il padre, uomo prudente, lasciò del pianto scorrere il torrente, poi disse: – O figlia, il pianto ora che giova? Che importa al morto se tu affoghi il lume de’ begli occhi di pianto in un gran fiume, mentre vi son dei vivi a questo mondo, che potrebbero ancor, non dico subito, ma in tempo più giocondo cambiar la sorte? Anzi conosco un tale, bel giovine, ben fatto, assai migliore del fu tuo sposo… – Oh ciel! Oh quale orrore! – interruppe la bella. – In un convento chiudetemi ove possa le mie pene raddolcire e dell’animo il tormento -. Tacque il buon padre e vede che conviene lasciar che digerisca il suo dolore. Dopo un mese di pianti e di afflizione, essa prende a mutar qualche gingillo, o un nastro od uno spillo al capo, al petto, infin che il suo dolore in attesa di nuovi cicisbei divenne una galante occupazione. A piccionaia tornano gli amori, risa e sollazzi e danze, a poco a poco, tornano ancora in gioco: di Giovinezza nella lieta fonte si tuffa e terge ogni mattin la fronte. Vedendola di sé tanto sicura, del morto il padre non ha più paura. Un dì, mentr’ei tacea dell’argomento, – E dunque? – ella esclamò, – dov’è, se mi è permesso, quel bel marito che tu m’hai promesso? Epilogo Poniam all’opra un margine. Le cose troppo lunghe finiscono in serpenti. Più che la penna consumar sul tema, è bello il fiore cogliere dell’arte. Mi si conceda adunque un piccol fiato sì ch’io possa accudir ad altre imprese, ove mi chiama Amor, che di mia vita è gentile tiranno. Altri mi chiama a cantar la dolcissima di Psiche e mestissima storia e vi consento, sperando che nel suo fuoco divino a novi canti l’animo s’infiammi. Felice ancor mi chiamerò, se questa fia l’estrema fatica, a cui soggetto mi tien di Psiche il prediletto sposo.

Il morto giace e il vivo si dà pace. 

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Chagall. come nella pittura così nella poesia

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